Biografia
Alan Mathison Turing, secondogenito di un
funzionario del Servizio Civile Coloniale inglese in India e della figlia del
capo ingegnere della ferrovia di Madras, nacque il 23 giugno 1912 a Paddington
(Londra). L’infanzia di Alan e del fratello John fu difficile e solitaria,
trascorsa in Inghilterra lontano dai genitori, in case di amici di famiglia.
Il giovane studente Turing fu subito interessato alla matematica e alle scienze
esatte, cosa questa che non gli permise di diventare un brillante studente,
ma che gli permise, invece, di vincere tutti i possibili concorsi di matematica.
La sua carriera di matematico iniziò al King’s College della Cambridge
University nel 1931, grazie ad una borsa di studio, e qui ebbe come maestro
Max Newman col quale, in seguito, costruì nel 1948 presso l’Università
di Manchester il primo calcolatore digitale della storia, la prima macchina
di Turing che fu denominata Mark I.
A Cambridge l’ambiente accademico lo fece avvicinare a due nuove scienze:
la Logica e la Filosofia della Matematica, alle quali si appassionò.
Nel 1935, frequentando un corso avanzato sui fondamenti della Matematica, tenuto
da Max Newman, apprese le teorie di Hilbert e oggetto dei suoi studi divenne,
tra gli altri, il problema della decidibilità.
Pubblicò, nel 1936 a soli 24 anni, quello che viene ritenuto il Manifesto
dell’Intelligenza Artificiale: “On Computable Numbers with an Application
to the Entscheidungsproblem”: il titolo contiene, appunto, un riferimento
al problema della decidibilità, problema che lo stesso Turing riteneva
insolubile così come, in seguito, dimostrò Kurt Gödel con
il suo teorema.
Ma nel Manifesto viene affermata la costruibilità della macchina universale
(già anticipata nel secolo dei lumi da Leibniz) nonostante il fatto che
la stessa avrebbe presentato i limiti del ragionamento logico-matematico dell’uomo.
La macchina universale sarebbe stata fallibile, ma anche plastica ed evolutiva,
esattamente come la nostra mente, e sarebbe stata capace di esprimere una intelligenza
meccanica (artificiale) analoga a quella umana.
Lo studio delle problematiche di Hilbert e di Gödel mise Turing in contatto
con un matematico americano, Alonzo Church, col quale si recò a studiare
a Princeton dal 1936 al 1938.
Tornato in Inghilterra all’inizio della seconda guerra mondiale Turing
mise le sue capacità matematiche al servizio del “Department of
Comunications” inglese, presso il Government Code and Cypher School di
Bletchley Park, per decifrare i messaggi cifrati dei tedeschi, cosa particolarmente
difficile in quanto gli stessi tedeschi utilizzavano uno strumento denominato
“Enigma” che generava un codice complesso e che mutava costantemente.
Durante questo periodo a Bletchley Park Turing lavorò alla creazione
di una macchina chiamata “Colossus” che decifrava, con l’elaborazione
di uno sterminato numero di ipotesi matematiche, i codici tedeschi creati con
“Enigma”.
Il Colossus era un ingente insieme di quasi duemila valvole termoioniche, di
nastri perforati e lettori ottici che costituì il primo passo verso la
macchina di Turing.
Turing con lo sviluppo del Colossus a Bletchley Park (centro, voluto da W. Churchill,
che giunse a contare quasi diecimila addetti) contribuì in modo decisivo
alla vittoria degli alleati nella guerra contro il nazismo. Questo suo merito
venne in seguito coperto dalla segretazione, voluta anch’essa da W. Churchill,
delle attività del Centro di Bletchley Park e del contributo dato all’esito
della guerra.
Sicché soltanto negli ultimi anni gli storici, gli epistemologi e gli
scienziati stanno ricuperando la figura del giovane matematico inglese e si
comincia a comprendere l’importanza epocale della invenzione della Intelligenza
Artificiale, invenzione che sta facendo nascere la società dell’informazione
e dell’informatica, la società della conoscenza del terzo millennio.
Al termine del conflitto mondiale Turing tornò alla vita accademica,
richiamato all’Università di Manchester dal vecchio maestro Newman.
Il suo lavoro in un primo tempo, nel 1945, fu rivolto alla predisposizione dell’“Automatic
Computing Engine” (ACE), un progetto di computer digitale strutturato
in modo assai complesso ed anticipatore che non trovò, però, realizzazione.
In questo periodo iniziò ad esplorare la relazione tra computer, mente
umana e natura. Scrisse nel 1948 un saggio dal titolo “Intelligent machinery”,
pubblicato postumo nel 1969, in cui, per la prima volta venne formulato il concetto
per il quale la macchina avrebbe potuto esprimere una vera e propria intelligenza
(artificiale).
Poi tra il 1946 ed il 1948, Turing lavorò all’Università
di Manchester, col suo amico e maestro Max Newman e collaborò nuovamente
col gruppo di scienziati con i quali aveva costruito a Bletchley Park il Colossus,
e realizzò finalmente il primo calcolatore elettronico digitale della
storia (21 giugno 1948) cui venne dato il nome di Mark I.
A partire dagli anni 50, dopo il Colossus, dopo Mark I e dopo i prototipi americani
(ENIAC ed EDVAC) costruiti da John von Neumann, inizia la storia anche ingegneristica
ed industriale dell’Intelligenza Artificiale, e per effetto del diffondersi
dell’uso dei calcolatori viene a formarsi la nuova società scientifica
che sta sostituendosi a quella della prima e della seconda rivoluzione industriale.
Alan Mathison Turing morì in circostanze tragiche e misteriose, forse
suicida, il 7 giugno 1954 all’età di soli 42 anni, abbandonato
a disconosciuto sia dal mondo della politica che da quello dell’Accademia.
Oggi finalmente la grandezza di Turing viene lentamente studiata e progressivamente
riconosciuta. E’ certo che l’Autore del Manifesto dell’Intelligenza
Artificiale, il geniale, timido e schivo Alan Turing troverà il posto
che merita nella storia come colui il quale contribuì in modo decisivo
ad una invenzione che sta cambiando, e sempre più cambierà, il
mondo.
Alfredo Viterbo
Alessandro Gariglio